Riccardo Gairinger. Una medaglia d’oro a servizio di Generali
22 Febbraio 2019
«Un uomo di grande valore e di estrema modestia, d’animo mite e riservato, apprezzato per le doti intellettuali e morali», così lo ricordano i colleghi nella rivista aziendale il «Bollettino» per commemorare la sua scomparsa.
Riccardo Gairiger (Trieste 1881-1964), figlio di Eugenio Geiringer, fu assunto da Generali nel 1930 con l’incarico di «collaborare nell’amministrazione della proprietà immobiliare, coadiuvando il Direttore Generale nel sorvegliare e regolare le incombenze tecniche, amministrative e contabili del personale addetto al relativo ufficio presso questa Direzione Centrale e di quello che è preposto alle gestioni degli immobili situati nel Regno d’Italia. […] e di occuparsi delle eventuali costruzioni nuove, degli ampliamenti delle proprietà esistenti e delle opere necessarie alla buona conservazione ed al miglioramento del patrimonio immobiliare della Compagnia» come risulta dal fascicolo personale. La collaborazione di Gairinger fu particolarmente preziosa per la compagnia in relazione all’intenso programma di iniziative immobiliari da essa iniziato, già anteriormente alla seconda guerra mondiale e ancora più intensificato negli anni del dopoguerra.
A lui sono dovuti infatti la progettazione e il controllo della costruzione di numerosi importanti stabili in molte città italiane ed estere, attraverso i quali la società diede un contributo notevole alla politica di ricostruzione edilizia e, in generale, al potenziamento dell’economia del Paese, tanto che nel 1960 fu insignito della medaglia d’oro del lavoro. Rescisso dal contratto nel 1938 (anno di scadenza della collaborazione del predecessore Giorgio Polli) causa le leggi razziali, fu reintegrato a Roma nel 1944, e successivamente spostato a Trieste, ricoprendo la carica di condirettore e poi di direttore dal 1949 al 1961, anno di entrata in quiescenza.
Laureato in ingegneria civile presso l’Università di Graz, iniziò la sua attività presso un’importante ditta di costruzioni estera, per istituire più tardi una società a proprio nome che sviluppò un’intensa e molto apprezzata attività edilizia, specialmente a Trieste, nel periodo tra le due guerre. Tra le costruzioni effettuate per conto di Generali si ricordano il palazzo detto ai “Portici di Chiozza” (1925-1927), in veste di collaboratore esterno, e come dipendente, i palazzi di Corso Italia (già Corso Vittorio Emanuele III), realizzati tra il 1936 e il 1937 su progetto di Marcello Piacentini, con una galleria impreziosita dagli affreschi di Carlo Sbisà. Tra le altre importanti realizzazioni edilizie, sempre come costruttore e direttore dei lavori, vi sono l’edificio dove attualmente ha sede la Questura (1940-1942) e il rinnovamento della sede della Borsa.